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lunedì 28 febbraio 2011

IL MIO SUD

Il Mio Sud
Il mio sud non si specchia nel mare,
il mio viale d’inverno
pare un autostrada deserta,
è la cresta della duna d’arena,
cementata dal freddo ,
è il sorriso dei tempi che furono.
il vento gelido della montagna
regala brividi di ogni sorta,
a volte un caminetto non basta,
e le voci dei bar,
che parlano la lingua della carta,
non lasciano troppo spazio
al desiderio.
la birra innaffia le parole
addobba gli alberi del viale,
mitiga il sorriso.
la notte
siamo ebeti nel paese dei balocchi,
ma,nessuna fata all’orizzonte.
perfino la musica si assottiglia
sotto il rumore delle carte,
niente qui ti regala poesia,
nel mio sud,
si paga tutto a caro prezzo.

domenica 27 febbraio 2011

Randagi

Randagi
Le nuvole passano lente,
Lasciano odore di ferro,
bruciano gli ultimi rossori Del cielo,
Poi si infrangono morbide,
smarrite si abbandonano,
all’idea gelida
di quei venti di terra
che tagliano per metà il viso,
per metà il cuore.
Mentre la notte illumina Il passo cieco del destino,
Le felicità esplodono Euforiche
per un arrivederci,

i lampioni ci rendono gli onori delle armi,
mentre il Papa recita l’ultmo angelus
della nostalgia…
Come cani
aspettiamo,
a quattro zampe
orecchie tese,
Avanti alla metafisica
Macelleria della vita.

venerdì 25 febbraio 2011

Tripolitania

Tripolitania
Tripolitania
lettere che suonano come un cancro,
un’eco nella carne giovane di speranza
istanti prima del massacro.
vecchie voci metalliche
si levano dal grammofono dei ricordi…
il mio sdegno non guarisce,
non allevia le ferite delle madri.
Tripolitania,
titola il teatro del delirio,
la spiaggia è un deserto di carne,
l’ombrellone piantato nelle viscere
pesa quanto il piombo,
l’ombra
rinfresca la sabbia,
nasconderebbe il sangue,
escluderebbe il sole.
Anche il Libeccio abdiga,
rinnega qualsiasi idea di surf.

lunedì 21 febbraio 2011

Sul Viaggio

Sul Viaggio
muoversi è pensare
oltre il pensiero.
così, 
ogni viaggio
presuppone 
attese,
ritorni,
nuovi desideri.
La stazione è il ventre materno,
l’anonimato è un padre gentiluomo.
Compro un giornale idipendente,
bestemmio!
una bottiglia d’acqua gassata,
bevo,
dei biscotti salati,
mangio,
un pacco di chewingum senza zucchero,
gentilezze,
il miglior modo per strappare un sorriso.
L’abisso che mi abita,
quando il posto è libero,
siede di fianco al finestrino,
guarda il mare.
A volte mi fissa per ore
senza fiatare,
poi, d’un tratto,
racconta…
io ascolto sempre con minuzia,
che le cose oscure 
mi dissero,
parlano la lingua degli dei…
e se anche fosse  un sogno,
non mi tuberebbe,
che la verità,
l’architettura insegna,
è solo il punto,
 in croce
di un un riferimento.

sabato 19 febbraio 2011

FILOSOFIA DA MARCIAPIEDE IN VOLGARE ITALIANO.

FILOSOFIA DA MARCIAPIEDE IN VOLGARE ITALIANO.




non mi appaga l'amore

non mi tranquillizza l'alba,

nè tantomeno la certezza del tramonto.

non mi addomestica l'asfalto
nè mi gratifica la vittoria,
conoscere è ipotizzare il mondo,
ignorare è negare l'evidenza.

una sega mi avvicina a dio
più di qualsiasi confessione,
e non è blasfemia gratuita
cercare la verità nel seme,

scandalizzare mi intristisce
almeno quanto le mie mediocrità,

la sessualità è un palliativo,
un farmaco generico
contro il rincoglionimento,

l'amore stesso, è la droga
da contrapporre all'estinsione,
sintetico come
certi potenti
anestetici per cavalli,

tutto ho
e tutto mi manca.

il delirio della mia generazione
è più profondo di un secchiello
gelido pieno di champagne.

inquieti come i grandi poeti
tutti senza spiccicare una parola
ci infiliamo nei corsi
pieni di bisogni surrogati,

ci anestetizziamo,
e ci copriamo di merda
pur di non misurarci
con lo specchio,

l'atrocità è dietro l'angolo
sottile come un ago
e noi avanti alla curva della morte
ci poniamo sempre la domanda sbagliata.

l'imperativo è la distrazione,
metabolizzare l'illusione,
passare il tempo
che di una morte
dovremo pur morire tutti,
così ci zavorriamo a questa verità
per non pensare in grande,
per scongiurare la follia.

altri appartengono alla razza degli immortali
e spesso hanno vissuto male,
morti prematuri maledicendo
iddio, se stessi et lo mondo intiero,

in mezzo alla selva degli errori,
hanno raschiato il fondo dell'esistenza
e sudici hanno sollevato un grido
inutile come la parola,

la più potente delle voci
si è smarrita da qualche parte
dietro al sole.
amen.

comprendere il disarmo,
sentirsi inutile
al centro dell'universo,
voler essere niente,
è il primo passo verso
la coscienza...

venerdì 18 febbraio 2011

Senza titolo ma con dedica.




la curva nitida
felina
del tuo viso
ricorda i profili dolci
delle colline assolate
della tua terra...
la bocca
un altopiano di desiderio
il tuo naso è una pietra,
eterna ,
incastonata come un prezioso
di mare...sulla terra.
un cuore al centro dei pensieri.
i tuoi occhi mi parlano
una lingua che non conosco
domandano un'assenza,
feriscono lo spazio,
sono i sentimenti
più temibili,
bruciano sulla mia pelle,
mi pesano come se fossero
tutti gli occhi neri del mondo
lacerano,aspettano,
silenziosi
innamorano.
ed io seduto,
sul ciglio di un burrone,
ti guardo,
tu non mi vedi e passi...
come la sera,aspetto
la tua notte per confondermi
al buio di tutte le cose,
avrò una camicia sottile
come un velo di mare,
e quindi  saranno le mie labbra,
ancora,

di sale
fino al mattino.

giovedì 17 febbraio 2011

Dalla raccolta immaginaria: Piccoli racconti dimmerda in forma di poesia: AFFINARE LE ARMI





AFFINARE LE ARMI






Le luci scivolavano sul pelo dell'acqua,
parevano
staccarsi dai lampioni ,
ditate elettriche di bimbo , strisce d'arancio su petrolio ,
fino quasi a sfiorare la sponda opposta del fiume,
e me.

l'aria ,
era quella umida delle sere di giugno,
afa e vapore
sul pelo del fiume,
densa,
di musica nera e rovente
come immagino essere
Agosto a New Orleans.

il mio bicchiere sudava
e sudavo anch'io,
il retrogusto
legnoso del rum
veniva schiaffeggiato
da onde di Cola
e le piccole schegge d'iceberg
clorate,
inesorabili
annacquavano il tutto.

Oltre il piccolo palchetto allestito per la serata,
la gente si riuniva in piccoli gruppi,
chiacchierava.

Pochi prestavano attenzione ai tre ragazzi di Boston
che si dannavano l'anima
e si struggevano
nelle le note roventi di “autumns leaves”
riarrangiata in maniera meravigliosamente acida..;

non importa..., pensai ...
La bellezza
è fatta per disperdersi,
e quella più nobile
deve necessariamente avere
il retrogusto esotico
dello spreco...

Si consumavano ,...i musicisti,
come se ,ogni nota,fosse
l'ultima della propria esistenza,
e ….mi consumavo anch'io..


mi vedevo sorridere e bruciare
spartivo lo spartito ,
la passione, la sofferenza
le pene...,
mostrando poca dignità
sorridevo incondizionatamente.
Mi venne in mente il viso estasiato
di “Ray Charles “mentre suonava,
era felice,pensai..
e forse ero felice anch io;

forse perchè non avevo mani da stringere
e labbra da baciare...
ma m'innamorai perdutamente
di quegli accordi inaciditi dal tempo
come se il più nobile dei vini
a fine serata
dopo averti inebriato di profumi selvatici
di donna,,di mirtilli,di uva, di more
e di menta fresca..
alla fine,
mi avesse ripulito il palato
col il più pregiato degli aceti...

ecco..,
quando non si ama una donna
si comincia ad amare
ciò che mai
altrimenti
si amerebbe...

questo fu il pensiero della serata...

ricordo male gli occhi che ho incrociato
ritornando a casa...
gli appuntamenti declinati,
le telefonate mancate...
e la carne che non ebbe soddisfazione..
ma , spesso,
mi chiedo tornando a casa in solitaria
simulando la solitudine
ed impersonando la briciola di pane avanzata
dal banchetto avidamente consumato...,

mi chiedo...

se sia meglio giustificare il sudore notturno
con delle labbra affamate di carne,
oppure,
sudare per sudare,
sublimare lentamente nella notte
e sacrificare la mia lussuria
nel nome del desiderio
e della più matura tenerezza...

mi sentii quella sera..
come se il più feroce rapinatore di banche
aspettasse il complice
per compiere il colpo memorabile...
nell'attesa...al bar, sorseggiando roba forte
affinare le armi...
non abbassare la guardia
sezionare lo spazio con gli occhi...
attendere...sornione...attendere.

sabato 12 febbraio 2011

Rami secchi.

un braccialetto
è il circo massimo
appoggiato sulla scrivania

dentro,
combattono feroci
le ombre
di vecchi desideri.

quasi una bocca,
un bocca piena di segreti.

si sposta sopra il legno
come labbra sulla pelle

odora di gatti,
di finestre chiuse
e vapore,
 e gambe
profumate
contro i muri...

l'argento è un vestito
fatto male,
evoca
quei vecchi riti
che tanto ho bramato
 un tempo.


a volte,fiero,
pare urlare
una protesta
contro il tetto,

e la mia parola è fredda,
è crudele,
è tagliare i rami secchi,

sopravvivere.

giovedì 10 febbraio 2011

Sui ricordi


ho fissato a lungo




quel ferro arrugginito,
si torceva come una serpe
tra la luce del mio sguardo.


quando lo infilai nel cartone,
scivolò ruvidamente tra le mani ,
lasciandomi una segno
di corallo sulla pelle.

avvertii la sensazione 
delle cose profonde,
come se stessi celebrando un rito
privo di alcuna utilità.


una fotografia è come
una memoria sottile
di matita nera,
un trofeo al tempo che passa.

conservo ancora la foto,
mentre il corallo
sul mio palmo
non ha lasciato alcuna traccia

ecco perchè
evito accuratamente
di essere fotografato
di fianco ai monumenti

vale al pena di conservare
soltanto i ricordi
che lasciano un segno,


il resto, che vada ad infoltire
i depositi in penombra
dei nostri osceni
dimenticatoi.
.

Stagioni (Di culo e di labbra)



Nuove estati
sbocciano spontanee
tra i cammini 
pungenti dell'inverno.

il culo d'inverno
è più tondo,
penso...;

Così i pensieri,
si ammassano dal freddo.

I sorrisi in ascensore
sono abbozzi di primavera,

ma il tuo culo 
è l'estate...

ed i tuoi jeans verdi
sono prati accesi
arsi dal sole,

i miei capricci non hanno stagioni,
spesso odorano d'autunno,
"ma che voglia d'estate!"

guardandoti,

Mi cade dalle labbra .

mercoledì 9 febbraio 2011

ogni volta che si pensa di possedere qualcosa,
inevitabilmente si è posseduti dalla stessa...


tutto ci condiziona,anche l'aria,
altrimenti non avrebbe senso parlare di aria condizionata
nè tantomeno di climatizzatore.


tutto ciò che incontro
tutto ciò che ascolto
o che mi riempie lo sguardo
o semplicemente le cose
che impugno,che sfioro,
tutto ciò,
finisce sempre  col possedermi,
"un anno un mese un'ora,perdutamente"...
probabilmente sono una gran puttana
di tutti e cinque i sensi ...
e la cosa mi rende alquanto felice.


Abito i posti che mi abitano ...

abito sempre i posti che mi abitano
tanto che
uscendo di casa
mentre
alle spalle
mi accompagna
sordo e legnoso
l'eco del portone,

il passo 
inciampa di ghiaccio
sul selciato,
e presto la pietra 
diventa tetto
e le voci 
poco distanti
sono mura calde
lunghe il cammino,
mi illudo.

Ogni volta
che penso 
di abitare la strada,
è la strada che mi abita.

Quasi mai getta la spazzatura.

martedì 8 febbraio 2011

Oriente.


Oriente.




avevo una gran voglia di oriente,
in tasca avevo un buco,
qualche centinaia di euro
ed un biglietto della metro,

allora inventai qualche parola,
suonavano, sordine, 
come i canti indigeni
che riempiono gli spazi
placidi
tra gli altopiani ellittici
del sud 
della Mongolia.

le recitai per giorni 
come un manthra dell'ubiquità,
non fu mai abbastanza.
così smisi di cercare il Nirvana
nel pensiero,
camminando le strade della pelle.

da allora aggiungo sempre
una presa di cumino
al pollo,
ogni muro 
mi pare una muraglia,
ed ogni donna 
ha gli occhi di Ganesh.